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Orvieto

Duomo di orvieto, pozzo di San patrizio

Orvieto sorge in posizione dominante su di un'isolata rupe di tufo che sovrasta la valle del fiume Paglia

La storia della città di Orvieto inizia nel IX-VIII secolo a.C. quando la rupe venne abitata per la prima volta da popolazioni etrusche: il loro insediamento è stato infatti identificato con il centro etrusco di Velzna (in latino Volsinii), una città fiorente a partire dagli inizi del VI sec. a.C. A questa epoca sembra risalire il nome della città infatti Velzna diventa Volsinii-veteres o anche Urbs Vetus (città vecchia).

Pozzo di San Patrizio

Il Pozzo di San Patrizio

fu costruito nel 1527, per volontà di Papa Clemente VII, da Antonio da Sangallo il Giovane, per approvvigionare d'acqua la città di Orvieto in caso di assedio.E' profondo 62 metri e vi si accede attraverso la famosa scalinata a chiocciola: la doppia elica, con 248 gradini illuminati da 72 finestroni, permetteva alle persone e ai muli che la percorrevano di non incontrarsi lungo il tragitto

Duomo di Orvieto

Il Duomo di Orvieto

è un vero e proprio gioiello dell'architettura romanico-gotica in Italia. Iniziato nel 1290 per volere di papa Nicolò IV, la sua costruzione fu voluta per conservare la reliquia del Corporale legata al miracolo dell'Eucarestia avvenuto a Bolsena nel 1264 e consacrato nel 1309.

Duomo di Orvieto
Orvieto la Rupe

Che cos'è Orvieto

..e molto di più come scritto in "Che cos'è Orvieto" (gentilmente concesso di menzionare nel sito)...Una città, un vino, una cattedrale, un pozzo. Una Rupe. Un gioiello da salvare, un esempio di come restaurare. Un centro per congressi, Orvieto Underground. E' questo, ed è molto di più. Velzna, Urbs Vetus, Orvieto. Prendiamoli uno per uno:

Una Città

Una città " alta e strana", come la definiva Fazio degli Uberti nel trecento, nel suo "Dittamondo", nel mezzo della lunga valle del fiume Paglia, nell'angolo sud-occidentale dell'Umbria - cuore verde d'Italia - Orvieto conta circa 22.000 abitanti, considerando tutto il territorio comunale; però meno di 8.000 persone condividono il previlegio di vivere sull'angusta Rupe. L'economia cittadina ruota su tre cardinali principali: l'agricoltura (in particolar modo le colture della vite e dell'olio), il turismo (oltre un milione di visitatori all'anno, quindi buone possibilità di lavoro per alberghi, ristoranti, negozi e botteghe), l'artigianato. L'attività industriale è pressochè assente, eccettuate un paio di realtà, una di queste è quello dell'imbottigliamento della salubre acqua del Tione, che sgorga a pochi chilometri dalla città.

Un Vino

Naturalmente. Molti all'estero, conoscono l'Orvieto Classico, vino rigorosamente DOC. Il vino di Orvieto è dorato, leggero, con bouquet delicato ed una gradazione oscillante dagli 11 ai 12 gradi; fu conosciuto ed apprezzato per secoli dagli artisti che lavorano in città (al Signorelli, per esempio, ne furono dati per contratto più di mille litri annui), dai papi e, in ogni tempo, dagli orvietani stessi. Le uve usate per la vinificazione sono il Trebbiano Toscano, il Verdello, il Druppeggio, il Sacchetto, la malvasia Toscana. Ogni anno ne vengono prodotti circa 150.000 ettolitri, destinati ai mercati nazionali e esteri. Ad Orvieto si trovano moltissimi punti di vendita (cantine sociali, produttori specializzati, enoteche) dove è possibile l'acquisto, magari previo assaggio.

Duomo di Orvieto

Una Cattedrale

La prima pietra fu posta nel 1290 e, come molte altre chiese Gotiche d'Europa, ha da poco celebrato il suo settecentesimo compleanno. Paragonato a un pavone o ad una torta nuziale, detto il "giglio d'oro delle cattedrali", da molti anni il Duomo è considerato il più bell'esempio di architettura gotica in Italia. E' affascinante che nobili e semplici cittadini fecero per contribuire alle spese e che , solo per l'anno 1290, ammontarono a 731 libbre di cera, 24 marchi, 29 cavalli, 3858 carri di frumento e "bravia" (drappi di tessuto molto pregiato) del valore di 84 monete d'oro. La facciata è unica per lo scintillio dorato dei mosaici e dei bassorilievi di marmo. All'interno lavorò per 5 anni (1499-1504) il maestro cortonese Luca Signorelli, affrescando sugli intonaci della Cappella di San Brizio un Giudizio Universale affascinante e pregevolissimo, dove i ben proporzionati nudi dei Dannati e degli eletti testimoniano l'interesse dell'epoca anche per l'anatomia. Orvieto e il Duomo, o se preferite il Duomo e Orvieto. E' impossibile pensare separate queste due realtà che nel corso del tempo sono forse diventate ognuna simbolo, sinonimo e quasi ragion d'essere dell'altra.

Pozzo di san Patrizio

un Pozzo

George Dennis, diplomatico inglese dell'Ottocento in viaggio per l'Etruria, scrisse di Orvieto che i "due leoni" della città erano la Cattedrale e il Pozzo di San Patrizio. Effettivamente il pozzo, che nel secolo scorso colpì i viaggiatori ben più del Duomo, è un monumento straordinario e inaspettato. "Pozzo" vuol dire, è ovvio, acqua o, meglio, ricerca dell'acqua. In particolare ad Orvieto, città prodigamente dotata dalla natura della qualità di fortezza inespugnabile, tale ricerca fu un chiodo fisso per gli abitanti, dato che solo la disponibilità di acqua poteva loro permettere di resistere agli assedi. Ma il Pozzo di San Patrizio è qualcosa di più di una mera trivellazione alla ricerca della falda; la sua stessa struttura rivela il fascino che le raffinate soluzioni architettoniche hanno da sempre esercitato sull'uomo. Profondo oltre 62 metri, è servito da due rampe di scale a chiocciola (una per la discesa fino all'acqua, l'altra per la risalita) che si avvolgono l'una sull'altra come la doppia elica del DNA. Ne ordinò la realizzazione Papa Clemente VII quando, fuggito fin quì da una Roma in ginocchio per il sacco impostole dalle truppe di Carlo V, volle provvedere la sua città-rifugio di una fonte perenne di acqua, per tema che l'Imperatore potesse mettere sotto assedio Orvieto. Venne progettato dall'architetto Antonio da San Gallo il Giovane e realizzato con grande rapidità: dopo appena dieci anni, sotto il ponteficato di Paolo III, l'opera ingegnosissima e dall'aspetto vagamente inquietante era ultimata. E il nome? in Irlanda c'è una grotta molto profonda dove sembra che San Patrizio si ritirasse in meditazione, un grotta che è stata paragonata anche al Purgatorio; così in un modo o nell'altro, nell'Ottocento, quello che era noto come Pozzo della Rocca, iniziò a essere chiamato Pozzo di San Patrizio. Un'annotazione curiosa: Carlo V non strinse d'assedio la città e dell'acqua non fu bevuta nemmeno una goccia.

Orvieto la Rupe

Una Rupe

Spesso viene chiamata semplicemente così: La Rupe. Ed è quello che è. Un enorme blocco di roccia che improvvisamente salta fuori dalla pianura, senza quasi alcun preavviso, con pareti di roccia praticamente verticali. Si formò circa centomila anni fa, quando una spaventosa eruzione vulcanica depositò strati su strati di pozzolana (materiale siliceo che reagisce chimicamente con la calce alla presenza di acqua formando un'ottima malta cementizia) e tufo. Il tempo e i corsi d'acqua giocarono a lungo con questo grande tavolato di morbide rocce vulcaniche, erodendolo e sagomandolo finchè tutto ciò che rimase in superbo isolamento, non fu che la Rupe.

Un gioiello da salvare

Proprio così, nel 1978, una rivista americana titolava un articolo su Orvieto. Ad una ininterrotta serie di frane che da sempre aveva limitato il perimetro della Rupe, quell'anno si era aggiunto il distacco di una enorme fetta di tufo, ad appena due o trecento metri dal Duomo. Il problema da affrontare non era certo semplice, poichè le cause primarie dei crolli andavano ricercate nelle peculiarità degli strati di roccia che sostengono al città. Il grande banco tufaceo, infatti, poggia su un vasto strato di argilla che, particolarmente plastica e instabile, non è certo il basamento ideale per questa friabile roccia vulcanica la cui solidità appare già minata dalla presenza di una fittissima rete di fratture. Così, con il passare del tempo, La Rupe è soggetta a continui sfaldamenti e, come fosse un grande carciofo arrivato a maturazione, lunghe "foglie" di tufo si distaccano lentamente dalle pareti verticali, si inclinano verso l'esterno e infine, inesorabilmente, cadono. Fortunatamente l'elevato valore archeologico, storico, artistico e paesaggistico di Orvieto fece da cassa di risonanza per l'allarme destato dalle precarie condizioni statiche della città; già in quell'anno un provvedimento legislativo insolitamente sollecito (legge n.230 del 25.5.1978), disponeva un primo stanziamento di sei miliardi di vecchie lire, destinato al risanamento della Rupe. Gli interventi non si limitarono alla "chiodatura" delle grandi foglie di tufo, ma investirono altri aspetti del complesso problema. La rete fognaria, in parte risalente al secolo scorso e responsabile di notevoli perdite di acqua e liquami, venne completamente ripristinata; sulla collina ai piedi della Rupe e sulla fascia perimetrale della Rupe stessa furono installati sensori in grado di rilevare - a lavori ultimati - l'insorgere di ogni fenomeno franoso; più di un terzo delle grotte esistenti furono rilevate, fotografate e studiate; venne ripensato il traffico veicolare urbano ideando un progetto a vasto raggio denominato " Piano Mobilità Alternativa" che ha portato alla realizzazione di due grandi parcheggi fuori città, (uno - ex. Campo della fiera - collegato al centro con un percorso meccanizzato sotterraneo - da scale mobili e ascensori) ed al ripristino della vecchia Funicolare ad acqua risalente al 1888 che ora, elettrificata e con cabine confortevoli e moderne, supera il dislivello di 156 metri tra la stazione ferroviaria ed il centro storico in meno di due minuti, arrampicandosi velocemente su di un binario di 577 metri che presenta una pendenza media del 27,86%.

Un esempio di come restaurare una citta' medievale

La preoccupazione per la stabilità della Rupe portò anche alla preoccupazione per la sopravvivenza della città e dei suoi monumenti. il Duomo fu naturalmente oggetto previlegiato del programma di restauri, che interessarono particolarmente gli affreschi del Signorelli, la bellissima Madonna in trono col Bambino di Gentile da Fabriano, l'abside con la vetrata quattrocentesca ed i mosaici della celeberrima facciata policroma. Lavori di restauro di grande impegno vennero avviati anche in altre chiese cittadine come quella di Sant'Andrea (edificata su un interessante palinsesto di vestigia etrusche, romane, paleocristiane), e quelle, ridotte in stato fatiscente, di Sant'Agostino e del Carmine che saranno poi adibite ad usi civili e quella dei Santi apostoli. Anche il Teatro Mancinelli, bellissimo esempio ottocentesco di teatro all'italiana, ha potuto finalmente rialzare il sipario dopo un accurato restauro durato alcuni anni. Ma, forse, l'esempio più eclatante (diciamo " a quattro stelle") di restauro è quello che ha fatto "rinascere" il Palazzo del Popolo. quì i resti di etruschi e medievali rinvenuti nelle sale del seminterrato "convivono" con gli impianti tecnici di un moderno centro congressuale, esaltando, con la loro presenza, il fascino delle possenti strutture duecentesche dell'edificio. Qualche volta Orvieto sembra essere una delle città immaginarie di Italo Calvino, dove tutto pare sia in costruzione o in restauro. Togli l'impalcatura in una strada ed eccola già rimessa in un'altra. "Perchè la costruzione...continua così a lungo?" "Perchè non cominci la distruzione".

Orvieto il palazzo del Popolo

Un centro congressi

Grazie al restauro, il Palazzo del Popolo è tornato alla sua destinazione d'uso originaria, per la quale fu edificato nel Duecento come luogo per ospitare riunioni. Orvieto ora questo splendido palazzo dei congressi, con l'aula principale, la Sala dei Quattrocento, capace appunto di quattrocento posti, con cabine per la traduzione simultanea attrezzature per mostre, sale più piccole per conferenze e incontri, il tutto progettato eliminando ogni barriera architettonica.

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